22 Febbraio 2012
Intervista a Paolo Buonvino
Uno degli elementi più interessanti di “Tutto Tutto Niente Niente” di Giulio Manfredonia è senza dubbio la colonna sonora composta da Paolo Buonvino (nella foto al centro), autore, in passato di oltre cinquanta colonne sonore tra cui quelle, indimenticabili, de L’Ultimo Bacio, Il mio miglior nemico, Manuale d’Amore, Romanzo Criminale, Caos Calmo.
“Pensavo che sarebbe stato difficile realizzare una musica per questo film”, dice Antonio Albanese, che continua: “Paolo, invece, è riuscito a creare delle sonorità che si sono prestate al servizio della storia e che in certi momenti hanno ‘elevato’ Tutto Tutto Niente Niente”.
Dal canto suo, il musicista siciliano che grazie alle recenti collaborazioni con Jovanotti ha voluto coinvolgere in questo lavoro alcuni dei suoi più stretti collaboratori come Saturnino, Christian Rigano, Riccardo Onori e il fonico Pino Pischetola spiega che:
“Per me è stato un’opportunità importante, perché musicare un mondo così sopra le righe, grottesco mi ha dato la possibilità di esplorare una direzione nuova del mio lavoro”.
Il ‘rischio’ in film del genere è che la musica sia solo un ‘commento’, mentre qui, invece, crea un mondo e alleggerisce situazioni ‘estreme’… Ti consente di leggere l’assurdo in maniera più fluida facendoci considerare delle cose grottesche e ‘oltre’ che, invece, sono esattamente il nostro quotidiano. Solo che oggi le viviamo ‘goccia a goccia’, mentre Tutto Tutto Niente Niente è il condensato di quello che sta succedendo in Italia, oggi. Tra trent’anni i nostri figli ci chiederanno conto dell’assurdità di quanto stiamo vivendo: quello che il quotidiano ci passa costantemente e a pezzettini, in un’ora e mezza diventa Tutto Tutto Niente Niente. La nostra ‘normalità’ viene riportata sullo schermo in maniera estrema, ma la realtà è quella che viviamo. In questo senso la musica mi ha permesso di creare un mondo fantastico che avvolge la nostra realtà.
Un’esperienza difficile?
Quando ho capito che si trattava di usare l’elettronica mi sono molto divertito nell’esplorare possibilità e stili che, certo, non frequento spesso. Un’esperienza stimolante, ma anche una sfida facendo l’occhiolino alla commedia italiana e a Nino Rota, in forma, spero, personale e originale. Avevo in testa la nostra tradizione che ho reinterpretato in maniera nuova. Lo sforzo, dopo cinquanta film, è quello di evitare sempre di ripetersi: per avere incentivi e per sperimentare cose nuove. Il mio desiderio è cambiare e andare ‘oltre’ il conosciuto. Grazie alle collaborazioni nel rock e nel pop ho una visione particolarmente ampia che mi aiuta a non ripetermi e a non annoiarmi.
Quanto l’esperienza dal vivo con un’orchestra la rigenera?
Tantissimo: stiamo lavorando ad un tour con un gruppo più piccolo: saremo cinque persone dopo essere stati sessanta. Una dimensione nuova e diversa per me che amo provare a utilizzare linguaggi nuovi magari con l’ausilio di video e immagini. Per me è un’esigenza.
Dalla Malapolitica di Cetto la Qualunque a quella buona: cosa significa vedere il suo maestro Franco Battiato assessore in Sicilia?
Una speranza: l’ho chiamato per chiedergli se fosse ‘sicuro’ e lo è. Ho un’enorme stima per lui e sono certo che farà il meglio per la nostra terra. Siamo in ritardo e nessuno di noi ne può più di questi politici. Lui interpreterà il suo ruolo ‘al servizio’ degli altri, come vuole l’etimologia della parola ‘ministro’ che vuol dire essere servitore di altri e non – come è accaduto – imporre il proprio potere sui cittadini facendo il contrario. Non è più tempo.
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