29 Maggio 2011
Quando si parla degli autori di un film si pensa subito al regista, al massimo anche allo sceneggiatore. Eppure esiste un terzo protagonista del processo creativo di un film. Il musicista. Tanto che, senza musica, molti film che hanno fatto la storia del cinema non sarebbero stati gli stessi. Perchè ciò che sceneggiatore e regista scrivono in parole e poi in immagini, l’autore delle musiche lo riscrive in note. Rendendo indimenticabili certe suggestioni, evocate da un’atmosfera sonora che riesce a fare vibrare gli stati emozionali dello spettatore, in una perfetta simbiosi sensoriale tra vista e udito.
Cinema e musica, dunque. Affidati ad un mestiere affascinante, quello del film soundtrack composer come è Paolo Buonvino, collaboratore storico di Gabriele Muccino, dai tempi di Ecco fatto, ma anche di Giovanni Veronesi, Roberto Faenza, Paolo Virzì, Michele Placido, Antonello Grimaldi e altri bravi registi. Uno dei più significativi giovani compositori italiani di musiche originali per il cinema, innamorato della musica e del suo lavoro per il quale nutre un entusiasmo contagioso. Come un artigiano paziente che si dedica alla sua arte con ispirazione e minuziosa attenzione. Compatibilmente con i tempi del cinema e nonostante sia un compito tutt’altro che semplice quello di restituire in musica l’essenza più vera ed intima di un film, a seconda dell’idea che cresce nella mente del regista. Operazione che a Buonvino riesce particolarmente bene, spaziando dalla commedia al dramma, persino all’azione.
E sono proprio i toni della commedia, sbuffati da un coro irriverente di simpatici fagotti, quelli che risuonano nella sala regia del SonoriaStudioRec di Vincenzo Cavalli, a Scordia (città natale del compositore siciliano, ormai romano di adozione), dove Paolo Buonvino in questi giorni sta lavorando al missaggio delle musiche del nuovo film di Massimo Venier, Il giorno in più, tratto dall’omonimo romanzo di Fabio Volo, protagonista della pellicola insieme ad Isabella Ragonese. Musiche che Buonvino ha registrato dal vivo con l’Orchestra Roma Sinfonietta nella capitale, dove poi completerà il missaggio delle musiche sul film insieme al regista, in vista dell’uscita programmata per ottobre.
Per questo film, diversamente dal solito, Lei ha composto le musiche in coppia con un altro giovane compositore…
Lavorare a questo film è stato particolare, perché lo abbiamo fatto a quattro mani con Giuliano Taviani. Una cosa che in Italia accade di rado, tra compositori che di solito lavorano da soli. Sono stato io a proporlo al regista ed è stata per me un’esperienza nuova molto positiva, un’occasione per ricevere nuovi stimoli. Con Giuliano abbiamo lavorato ad alcuni brani in modo autonomo, ad altri insieme. Mi è piaciuto confrontarmi.
Che percorso segue di solito per scrivere le musiche originali di un film? Lavora sulla sceneggiatura, ne discute con il regista oppure aspetta di vedere un primo montaggio?
Dipende. In questo caso ho scritto le musiche su sceneggiatura, anche se gli input principali sono nati nel mio studio durante alcuni incontri con Massimo Venier. Alcune cose le abbiamo create insieme, cercando le giuste soluzioni, e c’è stato un buono scambio. Anche il tema principale è nato così, mentre altre musiche sono nate dopo che il film è stato finito, in base a nuove esigenze maturate in fase di lavorazione.
Quanto incide il genere del film sull’ispirazione e sul modo di comporre?
Molto. Questo di Venier, ad esempio, è un film che si divide tra commedia e sentimento, affrontato con una certa ironia. Perciò era necessario muoversi su un doppio binario anche con la musica, intonandola ai diversi momenti del film. Adesso stiamo missando una musica che accompagnerà alcuni momenti più ironici, ma non mancheranno anche temi – per così dire – più romantici.
Può spiegarci bene qual è la funzione della musica nel cinema?
La funzione della musica nel cinema è di accordare le corde emozionali dello spettatore verso un certo sentire. Proprio come nella vita. Se su un’immagine di per sè serena viene montata una musica che incute paura, l’effetto sarà quello di un contesto di paura con una conseguente attesa da parte dello spettatore. Ecco, il compito della musica è quello di fare risuonare una corda emozionale piuttosto che un’altra, in modo da indirizzare il sentire dello spettatore verso un certo sentimento e quindi verso una certa interpretazione delle immagini, una certa lettura che coincida con quella ricercata dal regista.
Gran parte del suo lavoro di compositore riguarda musiche originali per il cinema, da cui poi nascono anche collaborazioni con grandi interpreti come Elisa, Jovanotti o Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. Ma che rapporto hai Lei con il cinema?
Il cinema ormai è un lavoro. Per il resto, non sono un cinefilo né un accanito frequentatore di cinema, anche se mi piace molto. Penso sia la forma d’arte più incisiva del nostro secolo, come il libro lo era nelle epoche precedenti. E poi il cinema raccoglie in sè un po’ tutte le altri arti. C’è la storia come nei libri, c’è la fotografia, quindi l’immagine come nella pittura, c’è l’interpretazione come nel teatro, e c’è la musica. Io amo la musica e cerco di fare la mia musica. Come se dentro di me avessi tante musiche e ogni film cui collaboro ne facesse scaturire ogni volta una diversa che, comunque sia, risponde sempre ad una parte di me, del mio essere.
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